Recentemente ho visto Hotel Transilvania 2 e Signs: a dire la verità, nessuno dei due mi ha esaltato. Sul primo non avevo grandi aspettative, mentre dal secondo mi aspettavo qualcosa di più...invece ho apprezzato veramente solo la parte finale.
Proprio quello. Ha il pregio di trattare il tema alieni in modo diverso dal solito, ma mi ha un po' annoiato.
L'ho visto molti anni fa, ed ero più suscettibile ai colpi di scena ecc motivo per cui forse era stato in grado di catturarmi, ma il finale lo ricordo come pessimo.
Ho recentemente visto due film Il primo è the dressmaker,che non saprei se definire semplicemente drammatico o commedia noir. L'ho voluto vedere perchè adoro la Winslet come attrice e infatti anche in questo film offre una parte di sè davvero catalizzante, quando entra in scena rapisce senza grossi problemi l'attenzione. Certo trama e scenografia sono funzionali affinchè questo accada. Inoltre c'è una brillante Judy Davis nel ruolo della mamma un po' suonata della protagonista e un sempre biondissimi altissimo e maschissimo Liam Hemsworth, che non è male da osservare.
Il secondo film è tratto da un'opera di Hardy, che già avevo apprezzato Via dalla pazza folla,che suggerirei di vedere in lingua originale per apprezzare maggiormente i tempi delle battute, molto lenti ma pensati come vuole la caratterizzazione del'epoca storica. In questo film c'è un attore che ho iniziato ad apprezzare fortemente, Matthias Schoenaerts, che non è di certo il classico bello, anzi, ma possiede quell'aria romantica (nel senso proprio letterario), un po' disperata ma compita, il tutto arricchiti da questo sguardo dolce. Lo avevo già notato in Suite Francese, altro film che consiglio caldamente, con una sempre brava Michelle Williams.
Altro film easy zero impegno visto di recente WHAT IF Suggerisco la visione in lingua originale. Un bel film in cui cercare di superare che Daniel Radcliffe non è solo Harry Potter. La mancanza di occhiali e di voce petulante un po' aiutano, anche il fatto che fondamentalmente il ruolo di carino semi imbranato gli calza a pennello. La trama: lui cinico disilluso dall'amore conosce lei, artista un po eccentrica ma fidanzata da cinque anni. Non può scattare l'amore quindi lei propone l'amicizia. E lui ci sta E poi scatta la regola dell'amico, perchè il buon Max ha sempre ragione.
Un film davvero godibile: l'idea che sta alla base del film è stata sviluppata in maniera abbastanza efficace, e la bravura dei protagonisti ha fatto il resto.
Non sapevo cosa aspettarmi da questo film: la trama mi affascinava, ma allo stesso tempo temevo l'effetto noia, per via del rapporto fra il tipo di storia raccontata (che scorre giocoforza attraverso rigidi binari) e la lunghezza del film. Con una certa sorpresa, invece, ho apprezzato molto il film.
Finalmente sono riuscito a vedere questo film, scoperto grazie alla presenza di Louane nel cast. Una commedia di buon livello: apprezzabile la scelta del tema di fondo (il rapporto con una condizione di disabilità), reso più leggero dal carattere ironico di certe scene; chi da una marcia in più al film, però, è la giovane protagonsta, alle prese con alcuni cambiamenti che stanno avvenendo nella sua vita. La scena clou, collocata verso la fine del film. è piuttosto emozionante.
Promosso. I supereroi Marvel devono fare i conti con problematiche nuove e decisamente più ''umane'' rispetto al solito. Questa dose di realismo, però, lascia presto spazio all'azione (epica la battaglia tra le due fazioni), ed apre una finestra sul passato, con rivelazioni notevoli.
Il lato trash della Marvel riassunto in un film. Penso che si possa paragonare, per certi versi, a I guardiani della galassia: più comico che avvincente, insomma.
Where can I be safe, where can I belong, in this great big world of sadness? How can I go on?
Status:
Lion la strada verso casa
Davvero un bel film. Racconta la storia (reale) di Saroo, un bambino indiano proveniente da una famiglia povera. "Lavora" con suo fratello maggiore, ma una notte sale su un treno che lo porta a Calcutta a migliaia di chilometri da casa. Dopo qualche episodio Saroo viene adottato da una coppia australiana e una volta passati più di venti anni il protagonista decide di ritrovare la sua famiglia indiana...
50 sconosciuti di diverse etnie, età, condizione sociale, ecc. sono chiusi in una stanza e disposti in cerchio costretti a partecipare a un gioco perverso. Ogni due minuti scatta un conto alla rovescia e una persona viene uccisa da un meccanismo che fa scattare una sorta di scarica elettrica. Se una persona esce dalla propria postazione viene uccisa all’istante e lo stesso accade se prova a toccare un’altra persona. Dopo i primi omicidi, i "giocatori" capiranno che non è il meccanismo a scegliere random chi uccidere, ma sono proprio le persone stesse a poter condizionare il meccanismo. Ognuna di loro può scegliere uno degli altri e il più votato viene ucciso. Solo una persona si salverà e uscirà viva dalla stanza. A quel punto scatta una serie di dinamiche individuali e di gruppo.
Che fareste se vi trovaste in quella stanza? Scegliereste di votare e quindi di uccidere per provare a salvarvi oppure no? E con che criterio scegliereste chi uccidere e chi salvare?
Il film si svolge quasi interamente nella stanza e per circa due ore i protagonisti continueranno a porsi queste domande cercando di trovare la risposta giusta… ammesso che ce ne sia una valida per tutti.
Io sono particolarmente appassionata di film che si svolgono nella stessa ambientazione e caratterizzati dal meccanismo di eliminazione "all'australiana" dei protagonisti, di cui Cube è stato il precursore, perciò ho trovato questo film interessante sia per la location (stanza buia, predominanza dei colori rosso/nero come alla roulette) che per la sceneggiatura originale. Avrei modificato giusto il finale, o meglio ho trovato superflui gli ultimi 5 minuti, in ogni caso la parte interessante è proprio lo svolgimento del gioco e le varie strategie di sopravvivenza dei concorrenti, compresa la riflessione se partecipare al gioco a discapito degli altri oppure no. Lo spettatore stesso, del resto, si sente coinvolto a elaborare una propria strategia immaginando di trovarsi all’interno del gioco.
È un film che consiglio a chi apprezza i film che fanno riflettere e le implicazioni psicologiche che comporta trovarsi in una determinata condizione. Non lo consiglio invece a chi preferisce i film d'azione caratterizzati da diversi cambi di scena, visto che questo film si svolge praticamente in un unico ambiente e potrebbe trovarlo noioso.
C’è ancora qualche appassionato/a di cinema qui in Fenice?
Beh, nel caso, rispolvero questo topic ormai abbandonato per parlare di un film che ho recuperato in questi giorni e che, a mio avviso, è un piccolo capolavoro. 13 Tzameti è un film thriller/noir (ma, principalmente, è anche una cruda riflessione sul comportamento umano e sui limiti negativi a cui si può spingere) del regista georgiano Géla Babluani realizzato nel 2005. L’originale è in lingua francese, ma è disponibile anche con i sottotitoli in inglese.
Il protagonista è un giovane operaio che, durante alcuni lavori in una casa privata, intercetta una lettera contenente indicazioni per un misterioso compito da portare a termine, veloce e ben pagato. Decide di seguire le indicazioni, ma finirà in una casa isolata dove si svolge un giro di scommesse clandestine in cui i concorrenti partecipano a round consecutivi di roulette russa. Ovviamente non potrà abbandonare quella casa se non sperando di sopravvivere al gioco.
Cosa rende interessante questo film? Innanzitutto la tensione crescente e sempre più palpabile. La narrazione asciutta e cinica che non lascia spazio a elementi superflui, mantenendo tutto il focus sul punto centrale del film. L’evoluzione psicologica del protagonista, inizialmente quasi apatico e poi sempre più allucinato (nota di merito all’attore protagonista George Babluani, fratello del regista) che raggiunge il culmine nella sfida finale tra gli ultimi due concorrenti rimasti. Da evidenziare l’ottima fotografia in b/n e la regia particolarmente efficace nell’esasperare il pathos racchiuso nell’ambiente in cui si svolge la narrazione.
In anni più recenti è stato realizzato un remake americano di questo film… il mio consiglio è di evitare assolutamente il remake (realizzato in modo pessimo e totalmente privo di qualsiasi spunto interessante) e di recuperare l’originale.
Per completezza, aggiungo un’altra considerazione rigorosamente sotto spoiler perché contiene indicazioni sul finale del film.
Come si è capito la mia opinione sul film è assolutamente positiva, l’unica cosa che avrei reso in modo diverso è il finale. Il protagonista riesce a sopravvivere ad un gioco folle e mi aspettavo che il destino, in fondo, non risparmiasse nemmeno lui. A questo punto, però, avrei scelto di giocare con il destino fino in fondo e consegnarlo a una morte più casuale e beffarda invece di, banalmente, farlo uccidere per vendetta.
Infinity Chamber (ma io preferisco “Somnio”, il primo titolo scelto per il film, poi capirete il motivo) è un recente thriller fantascientifico con, a mio avviso, interessanti diramazioni in altri ambiti.
La trama, in sé, è piuttosto semplice: un uomo viene catturato e si risveglia nella stanza di una prigione futuristica. Non sa il motivo per cui si trova in quel posto ed è sorvegliato a vista dall’occhio di una telecamera, diretta da un computer programmato per tenerlo in vita. All’interno della cella si trova una macchina in grado di leggere nella memoria del prigioniero per carpire il segreto che, probabilmente, nasconde e che sembra essere la causa della cattura.
La narrazione si sviluppa su due piani complementari. Da un lato ci propone il prigioniero, Frank, all’interno della cella e punta il focus sul rapporto uomo/computer che, inevitabilmente, si sviluppa. Dall’altro, lo spettatore entra virtualmente nella memoria di Frank indotto a rivivere più volte la stessa situazione, modificata ogni volta da piccoli dettagli. Tuttavia, ad un certo punto, il confine tra la ricostruzione del ricordo e ciò che è realmente accaduto diventa sempre più labile, fino a confondere gli elementi e a non distinguere più cosa è vero e cosa è soltanto immaginato. Inoltre, tramite l’introduzione di un personaggio secondario, verrà suggerito al protagonista di ingannare la macchina creando volontariamente elementi fittizi all’interno del ricordo.
La tematica uomo/macchina, quella relativa alla memoria e alla sua eventuale manipolazione, il sottile confine tra immaginazione e realtà non sono certo argomenti nuovi, tuttavia ritengo che sia sempre interessante approfondirli da nuove prospettive, perciò li ritengo punti di forza del film.
Lo sviluppo della trama non è lineare, lo definirei piuttosto “a spirale”. Il protagonista sembra girare attorno sempre allo stesso elemento (l’obiettivo, tramite il ricordo, di capire il motivo per cui si ritrova imprigionato), ma ogni volta espande un po’ di più la sua conoscenza. A uno spettatore superficiale, queste ripetizioni potrebbero annoiare. Personalmente, al contrario, ho apprezzato la reiterazione di alcune scene ed elementi (ad esempio, il protagonista nel ricordo osserva più volte una fotografia, il cui significato verrà svelato solo nell’ultima parte del film).
Altro punto di forza è l’ambiguità di fondo. Se all’inizio il prigioniero ci viene presentato come la vittima del sistema, durante la visione può insinuarsi nello spettatore il dubbio che il prigioniero stia effettivamente manipolando i ricordi per sconfiggere il sistema, come gli è stato suggerito. L’ambiguità prosegue fino alla conclusione… che commento sotto spoiler.
Il finale, in realtà, non risolve l’ambiguità di fondo e lascia lo spettatore piuttosto libero di interpretarlo. Il protagonista conclude con un'espressione apparentemente soddisfatta e lascerebbe intendere una sua vittoria (cioè essere riuscito a liberarsi e a ingannare il sistema), tuttavia l’inquadratura finale ci mostra come il protagonista sia ancora sotto l’occhio vigile del computer, pur essendo all’interno del sogno, suggerendo quindi che Frank sia in realtà ancora imprigionato e che abbia trovato sollievo solo nel ricordo.
Il film si presta sia a una lettura attinente alla visione dei fatti, sia a una lettura in chiave metaforica. Io le trovo entrambe interessanti e plausibili. Aggiungo questo link in cui vengono esplicate in modo efficace.
Come punto critico, non posso non evidenziare alcune banalità che potevano essere evitate nei dialoghi tra Frank e il computer. In conclusione, nel complesso e considerati gli aspetti che ho già citato, lo reputo sicuramente un film interessante.
Sulla mia pelle - Gli ultimi sette giorni di Stefano Cucchi
Visto l’altra sera su Netflix, perché purtroppo il cinema della mia città non l’ha trasmesso. Un vero peccato, perché un film del genere andrebbe trasmesso ovunque e dovrebbe essere visto da chiunque, da chi era già sensibile alla storia di Stefano e da chi - a maggior ragione - ne è indifferente. Io faccio parte della prima categoria e da questa visione ne sono uscita distrutta, piena di rabbia nei confronti di tutti (pure di Stefano e della famiglia), completamente impotente. E’ un film crudo, senza moralismi inutili, nessuna parte romanzata, nessuna aggiunta alla storia che già conosciamo tutti. Sembra quasi un documentario, forse lo è. Non santifica la figura di Stefano come non demonizza in toto lo Stato o le forze dell’ordine, racconta la storia così com’è andata (com’è stata ricostruita, almeno) e basta. Denuncia l’omerta più che altro, l’omertà di chi sa, di chi ha capito, di chi potrebbe fare qualcosa ma non lo fa perché tanto non ne vale la pena, perché si parla di un detenuto, un drogato, un ‘ultimo’, e proteggersi a vicenda è più importante. Denuncia la sfiducia, di Stefano e i genitori, nel credere che tanto parlare non serve a niente perché nessuno ti tenderà la mano, perché è ‘’noi contro di loro e loro sono lo Stato’’, quindi lasciamoli fare. Alessandro Borghi è stato magistrale, ha fatto un lavoro immenso su corpo e voce per somigliare il più possibile a Cucchi, lo ha fatto ‘rivivere’ in tutti i sensi possibili e gli ha ridato quella dignità che in quella settimana gli è stata violentemente tolta. Tutti dovrebbero vederlo, e pure più volte.